Battaglia di Jenin parte dell'operazione Operazione Scudo difensivo durante la Seconda Intifada | |||
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Data | 1-11 aprile 2002 | ||
Luogo | Jenin, Cisgiordania | ||
Esito | vittoria israeliana | ||
Schieramenti | |||
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Comandanti | |||
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Effettivi | |||
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Perdite | |||
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Secondo HRW diverse centinaia di edifici distrutti, pesanti danni ad ulteriori 200 edifici resi inagibili o inabitabili | |||
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La battaglia di Jenin ebbe luogo nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, dall'1 all'11 aprile 2002 nel contesto dell'Operazione Scudo difensivo durante la Seconda intifada. Il campo di Jenin fu preso d'assalto dalle Forze di difesa israeliane in quanto secondo rapporti in mano ad Israele il campo era "servito come punto di lancio per numerosi attacchi terroristici contro civili, città e villaggi israeliani della zona".[1]
L'IDF schierò fanteria, forze di commando ed elicotteri d'assalto. I militanti palestinesi, anticipando lo scontro, avevano preparato il campo con trappole esplosive. Dopo che una colonna israeliana cadde in un'imboscata, l'esercito israeliano intensificò l'uso di bulldozer corazzati per eliminare le trappole esplosive posizionate all'interno del campo. L'11 aprile i militanti palestinesi iniziarono ad arrendersi. Le truppe israeliane iniziarono a ritirarsi dal campo il 18 aprile.
Il 7 aprile, durante la battaglia di Jenin, l'alto funzionario palestinese Saeb Erekat suggerì in un'intervista alla CNN che circa 500 palestinesi fossero stati uccisi nel campo. Cinque giorni dopo la fine dei combattimenti, Ahmed Abdel Rahman, segretario dell'Autorità Palestinese, dichiarò all'UPI che il numero di morti era salito a migliaia. Queste dichiarazioni contribuirono a diffondere nei media internazionali storie di centinaia di civili uccisi nelle loro case mentre queste venivano demolite, alimentando un'immagine di vasta distruzione e perdita di vite umane.[2]
La battaglia a Jenin è anche conosciuta come massacro di Jenin o strage di Jenin.[3][4][5][6][7][8]
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